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43 rmo giugno/luglio 2020 sivamente vanno verificate e valutate le norme di soggiorno (se per esempio esistono limitazioni alla circolazione, coprifuoco o quarantena); infine vanno studiate le regole di rientro in Italia”. Per conoscere in modo esauriente l’enviroment in cui il lavoratore andrà ad operare fuori dai nostri confini, l’azienda deve dunque documentarsi. A questo scopo è utile inviare al committente estero un questionario informativo, che chieda conto delle peculiarità locali. “Il mio consiglio – aggiunge Arletti – è quello di sti- larlo sempre nella lingua del paese destinatario (ove possibile) o quanto meno in inglese. Il questionario, sottoscritto dal cliente, va valutato sotto il profilo del rischio e messo agli atti”. “Perché abbia un valore probatorio maggiore – inter- viene Fontana - è utile che a sottoscriverlo sia anche il trasfertista: a garanzia che sia stato messo al corrente della situazione estera in cui dovrà operare”. Diagnostica e privacy. “In ottica di prevenzione, po- trebbe progressivamente diffondersi - suggerisce Ar- letti - il ricorso ad esami diagnostici (sia sierologici sia molecolari), non solo in Italia, ma anche in alcuni Paesi esteri, sulla base della normativa locale”. Inevitabile, a questo punto, che sorga il problema della privacy in relazione alla raccolta dei dati dei singoli lavoratori. In che modo è dunque possibile contemperare la du- plice istanza: sicurezza sanitaria da una parte e diritto alla privacy, dall’altra? “Di fatto – spiega Simone Scagliarini dell’Università di Modena e Reggio Emilia – occorre che il trattamento dei dati sia lecito, ovvero che abbia una base giuri- dica. Nell’ambito che ci riguarda, quello della salute, tale liceità deriva dall’articolo 9 del Gdpr, che parla esplicitamente di ‘interesse pubblico’. Ne deriva che se lo scopo della raccolta dati è quello di prevenire il contagio, il trattamento è lecito”. Ma sarà poi possibile utilizzare questi dati relativi alla salute per gestire e organizzare, internamente all’azienda, la trasferta? (L’esempio potrebbe essere quello di un ente che – sulla base di queste informa- zioni - decida di mandare in trasferta un dipendente che - avendo già contratto l’infezione e sviluppato gli anticorpi - risulti ormai negativo, prediligendolo a un dipendente che al sierologico non risulti ancora immu- nizzato e che quindi sia potenzialmente più a rischio). In questo caso la materia è controversa, in quanto le finalità non sono definibili di ‘interesse pubblico’. “Tuttavia- precisa Scagliarini- esiste la possibilità, pre- vista dal Garante, che sia il medico curante a segna- lare la ‘vulnerabilità’ di un lavoratore. In questo caso il trattamento dei dati acquisirà una base giuridica appropriata, in quanto sarà finalizzato a prevenire il contagio causato dalla fragilità indicata”. @carmelaignaccol Mogc ex D.Lgs. 231 Al fine di garantirsi da eventuali contestazioni di reato, l’azienda – nel caso non abbia già provveduto - deve anche dotarsi del Modello Organizzativo Gestione e Controllo (Mogc), così come previsto dal D.Lgs 231/2001. In caso lo abbia già fatto in precedenza, dovrà comunque provvedere al suo aggiornamento alla luce delle novità innescate dal Covid 19. “Il valore del Mogc- spiega Fontana- è altamente strategico: infatti – in caso di reato contestato ai vertici della società – se la magistratura lo valuta idoneo, la società non risponde penalmente”.
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