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7 rmo maggio 2020 EDITORIALE Digitalizzazione e fabbriche sicure per la ripartenza La chiusura delle fabbriche del comparto della meccanica strumentale in Italia ha inciso per un miliardo e seicento milioni di euro al giorno in termini di ricavi persi. Durante il lockdown il settore è stato tra i più penalizzati dalle restrizioni per produrre, largamente assente nell’elenco dei codici Ateco ammessi. Acciaio, fonderie, impiantistica e auto- mazione fino alla componentistica passando per la logistica: una realtà che in Italia da lavoro a 1,6 milioni di addetti, genera oltre l’8% del Pil nazionale ed esporta per 222 miliardi di euro. Ossia poco meno dell’export nazionale. Meccanica ed export sono legati a doppio filo quindi, grazie anche a posizioni e quote di mercato conquistate nel tempo, grazie a un know how tecnologico e di competenze riconosciuto. Ma la chiusura delle fabbriche italiane, diversamente da quelle dei mag- giori competitor internazionali e da quelle dei Paesi che prima dell’Italia sono ripartiti, rischia di far perdere questo patrimonio inestimabile. Un patrimonio che molto difficil- mente potrebbe essere ricostruito se venisse disperso. Le fabbriche della meccanica sono da anni dei veri e propri laboratori tecnologici, dove la sicurezza e l’incolumità dell’operatore sono un dato assodato che va solamente rimodulato recependo i dettami governativi in tema di Covid-19. La ripartenza porterà però con sé anche delle accelerazioni a delle modalità che avreb- bero avuto un tempo più lungo di introduzione, ma che erano ormai in divenire: la di- gitalizzazione e l’interconnessione. Diventeranno quindi la nostra normalità gli incontri coi clienti via teleconferenza, il lavoro in smart working o i collaudi in remoto. luca.rossi@fieramilanomedia.it @lurossi_71

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