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19 rmo novembre/dicembre 2019 esiste più la soluzione standard, la ricetta valida per tutti, il vestito dev’essere fatto su misura. Fuor di metafora, bisogna capire e coordinare che cosa vogliono i clienti, quali sono i loro ‘mal di pancia’, le esigenze, i punti dove si può ottenere più va- lore aggiunto. Perché torna l’eterna domanda: ho sensorizzato tutta la fabbrica, quindi? Che cosa ci faccio con tutti questi dati? Se non sono in grado di concretizzarli in una strategia di manutenzione, oppure di migliorare alcuni tempi-ciclo (un pro- bl ema tipico dell’Automotive, meno sen- tito nella General Industy), posso guardare quella nuova mole di dati da un punto di vista diverso e con obiettivi differenti”. Rapporto uomo/robot, uomo/Intelli- genza Artificiale. Il nodo della disoccupazione tecno- logica non è ancora sciolto... “È un tema filosofico ed etico importante, sensi- bile e complesso. Ma c’è anche un altro tema, che riguarda l’approccio che è possibile avere nei con- fronti di macchine e automazione. Noi abbiamo un principio guida che abbiamo sintetizzato nell’e- spressione Humanufacturing: una filosofia che prende delle forme concrete. Una di queste è l’eso- scheletro, una tecnologia al momento non-robotica, completamente meccanica, ma che in un prossimo futuro può diventare assistita, robotizzata. A oggi, gli operatori non desiderano un oggetto sensoriz- zato, né motorizzato, perché non li fa sentire a loro agio. Ci sono dunque tecnologie che possono com- binare il meglio del fattore umano e della robotica, e questo è un esempio. Abbiamo creato una mac- china che si chiama Vir.GIL, perché ti guida come Virgilio, anche se l’acronimo sta per Virtual Gui- dance Interactive Learning. Una macchina che con un proiettore laser, telecamere, schermi e altopar- lanti, guida un operatore e lo addestra ‘on the job’, quindi è una macchina che impara da un operatore esperto e poi può insegnare a sua volta a un ope- ratore non esperto, o a uno che magari deve fare 25 lavorazioni diverse e non può ricordarsi come dev’essere fatto il pezzo X o il pezzo Y. Ancora nessuno riesce a replicare la finezza e la destrezza umana, che tuttavia posso unire alla ripetitività del robot, che riconosce il disegno, il pezzo. E così siamo arrivati alla robotica collaborativa: il robot si occupa delle mansioni pesanti, faticose e ripetitive, mentre la persona la impieghi nella parte intelli- gente. A quel punto ho il meglio dei due mondi”. @lurossi_71 dando male e dove. Si tratta di una risorsa ec- cezionale che consente di fare manutenzione preventiva e predittiva”. Avete sviluppato questa applicazione partendo da Sha- zam... Un bell’esempio di trasversalità. “È una delle esperienze che stiamo facendo in am- bito di digitalizzazione e machine learning. Esi- stono forti trasversalità che è possibile sfruttare da un punto di vista software e di analisi dei dati. Infatti siamo partiti da una logica che veniva appli- cata al riconoscimento musicale e l’abbiamo appli- cata in ambito industriale. Qual è la macchina che sta stonando rispetto al coretto? Abbiamo creato, utilizzando però qualcosa che già esisteva. Alcune di queste cose sono un po’ alla frontiera dell’in- novazione, anche se la frontiera si avvicina a una velocità straordinaria. Da circa un anno abbiamo una business unit chiamata Digital. È più una piat- taforma che un’entità a se stante, divisa rispetto al resto dell’azienda, come succede per esempio con Robotica e Machining. La business unit Digital è ovviamente trasversale a tutte le altre, perché rende o prende, utilizza servizi, dati forniti dai robot o dalle macchine, per farne applicazioni. Recepisce il know-how generato dalle altre bu- siness unit e rigenera delle soluzioni. Ormai non A sinistra: Mate è l’esoscheletro sviluppato in collaborazione con l’islandese Össur e Iuvo, spin-off italiana del BioRobotics Institute della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Sotto: Aura (Advanced Use Robotic Arm) è il robot collaborativo ad alto payload e ad elevata sensiblità.
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