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69 rmo maggio2019 un pezzo che se dovessero essere ottenuti con tec- nologie tradizionali comporterebbero complessità tecnologiche e costi elevati. Una tipica macchina DED è costituita da un ugello montato su un braccio multi asse, che deposita il ma- teriale fuso sulla superficie specificata, dove solidifica. Il processo è simile in linea di principio all’estrusione del materiale, ma l’ugello può muoversi in più dire- zioni e non è fissato su un asse specifico. Il materiale, che può essere depositato con qualsiasi angolazione, viene fuso sulla deposizione con un raggio laser. Il processo può essere utilizzato con polimeri, cerami- che ma è tipicamente utilizzato con metalli, sotto forma di polvere o filo. Il secondo sistema invece è il Power Bed Fusion (fu- sione del letto di polvere - PBF). In questo caso la tec- nologia è particolarmente adatta alla realizzazione di parti intere caratterizzate da una difficoltà geome- trica superiore alla media e con un livello di qualità superficiale già buona. Questo processo può utiliz- zare diverse tecniche di stampa. I metodi di fusione teriali compositi, polimeri di vario genere: basta avere uno strumento di deposizione del materiale facendo ricorso a seconda della natura del componente a si- stemi di deposizione differenti. Ma tecnicamente come cambia un processo pro- duttivo di un oggetto quando si passa da una pro- duzione convenzionale a una additiva? Il primo cambiamento è nella progettazione che si basa su concetti differenti: il più evidente è che deve cam- biare completamente l’approccio all’oggetto visto che non si tratta più di ricavarlo attraverso uno stampo o una lavorazione di sottrazione di mate- riale. Questo comporta che il progettista possa ope- rare con una libertà d’azione decisamente superiore. Se non nella forma estetica (ma in alcuni casi - come vederemo - anche in quella) sicuramente nella com- posizione materica dell’oggetto. Un esempio per spiegare meglio la cosa: con una buona progetta- zione è possibile dimensionare in modo perfetto ogni singolo spessore e ogni singolo materiale uti- lizzato. In alcuni casi poi (ad esempio nei polimeri) è possibile prevedere l’utilizzo di materiali ad hoc nei singoli punti di utilizzo. Questo permette di ot- timizzare il prodotto in modo perfetto rispetto alle esigenze di utilizzo finale. Non si deve però ritenere che l’Additive Manufactu- ring sia e possa essere esclusivamente una tecnologia a se stante. Anzi è esattamente il contrario. AM in- fatti sempre più spesso si integra con le tecnologie più tradizionali proprio per accrescerne la flessibilità e la qualità. E proprio per questo motivo sempre più spesso incontriamo macchine che utilizzano questa strada in accoppiata con operazioni tradizionali. Ad oggi sono state classificate ben sette diverse tipologie di tecniche di deposizione nel ciclo di AM. Se però entriamo più nel particolare dell’industria meccanica, possiamo considerare due grandi macro famiglie di tecnologia additiva. Diretta o con letto di polvere. La prima delle due tecnologie è quella della deposizione diretta. Si tratta di una scelta tecnica particolarmente adatta per le operazioni di ripristino (riparazione) di par- ticolari strutturali, del loro rivestimento o del com- pletamento di pezzi già esistenti attraverso una operazione di aggiunta e personalizzazione. Carat- teristiche di questa tipologia di intervento sono la versatilità e la assoluta complementarietà ad altre tecnologie. Di solito si utilizza la tecnica della depo- sizione diretta (Directed Energy Deposition - DED) proprio per andare a realizzare quei particolari di

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