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52 rmo settembre 2018 INCHIESTA della soluzione robotica più idonea. “La differenza sostanziale tra un robot collaborativo e uno tradi- zionale risiede negli obiettivi produttivi - rimarca Scifo -. Per produzioni con tempi ciclo molto ridotti e numero elevato di pezzi il robot industriale re- sta indispensabile, perché libero di muoversi alla massima velocità. Invece su applicazioni con nu- meri ridotti e dove serve l’intervento di un opera- tore, il robot collaborativo può garantire un buon risultato”. Continua D’Angelo: “In un contesto di mercato con continue modifiche di prodotto, la componente umana è spesso cruciale. I cobot rap- presentano una soluzione efficace laddove è pos- sibile integrare la loro ripetitività, affidabilità e sicurezza alla flessibilità e reattività dell’ingegno umano”. Il fattore discriminante, aggiunge quindi Pecchenini, è proprio la necessità di operare a fianco o in collaborazione con le persone, o in un’a- rea circoscritta ad alta velocità: “Il problema che le aziende italiane si trovano però ad affrontare approcciando questa tipologia di robot è legato principalmente al fattore rischio e sicurezza. Molte aziende non sono infatti preparate al loro uso, valu- tando il solo fattore di rischio legato al robot stesso e trascurando quelli legati all’ambiente operativo, al pezzo manipolato, al processo e a tutto quanto è esterno al robot”. Il payload limitato che carat- terizza i collaborativi è connaturato al requisito di sicurezza che incarnano, come spiega Garabini: “La sicurezza nei cobot è ottenuta limitando l’entità dell’impatto in caso di interazione. Per alti payload questo richiede velocità talmente basse da rendere il robot non più economicamente conveniente”. Occorre però sottolineare che le due tipologie non sono in competizione, né esistono barriere diviso- rie o specificità applicative, come spiega Pellero: “I cobot che effettuano operazioni realmente colla- borative si trovano laddove la produttività non è il

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