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36 rmo giugno/luglio 2018 INCHIESTA Ecco perché il primo dei requisiti che vengono ricer- cati dalla sua azienda nel reclutare nuove persone è quello di avere la mente aperta per comprendere in partenza la complessità di quello che si muove oggi- giorno all’interno di una fabbrica. Roberto Vavassori spezza una lancia in favore del sistema formativo italiano: “Quando mandiamo in giro per il mondo i nostri laureati – dice – abbiamo sempre degli ottimi riscontri perché la nostra istru- zione, anche se non è troppo ‘specifica’, tipo modello anglosassone, in realtà fornisce molti strumenti per il problem solving. Questo elemento risalta poi in ma- niera eclatante anche in Giappone dove, a fronte di una certa ‘rigidità’ nipponica, la versatilità italiana dei nostri uomini riesce a primeggiare”. Vavassori poi introduce un altro importante elemento all’interno del dibattito, quello della sicurezza sul la- voro che non può andare disgiunto dai discorsi sulle tecnologie più avanzate. L’esponente della Brembo ricorda a tutti come ben il 95% degli incidenti che accadono in ambito lavorativo siano ascrivibili al mancato rispetto di normative e procedure. Occorre quindi molta più attenzione al fenomeno da parte di tutti e ancora più formazione specifica. Lucia Terragni a sua volta racconta di come, nella sua azienda, vengano decisi cospicui investimenti sulla formazione del personale sia in senso generale sia nel senso della verticalizzazione su specifici filoni relativi a nuovi prodotti o tecnologie. Innovazione e formazione. Ancora Vavassori prende la parola per rimarcare che senza innovazione non c’è sviluppo e che innovazione significa innanzitutto formazione per le nuove leve che entrano nel mondo produttivo. Un mondo che è cambiato in maniera im- pressionante, basti pensare all’interessante rapporto fra standardizzazione e personalizzazione: “La BMW – ha affermato – su una singola piattaforma produce le serie 3, 5 e 7, e questo grazie a precisissimi sistemi flessibili di posizionamento di lamiere per poter velocemente customizzare in base ai fabbisogni; oppure pensiamo a un marchio come Mini che ha rivelato come lo scorso anno abbia prodotto solo cinque esemplari di auto esat- tamente uguali fra loro in tutto il mondo: e anche qui la piattaforma è sempre la stessa, in più la motorizzazione è condivisa con Peugeot. Il tutto tenendo presente che per una automobile di gamma medio alta oggi ci sono il quadruplo di linee di codice rispetto a un Airbus 350 di ultima generazione”. In merito a questa questione, Golinelli ha raccontato di come nell’impianto ABB di Dalmine ci sia stato un significativo esempio di applicazioni produttive avan- zate: “Avevamo due linee distinte per la produzione di interruttori di media tensione con le due diverse tecnologie per realizzarli e cioè quella di interruzione in vuoto e quella con gas secco; abbiamo poi deciso per esigenze produttive di unificarle in una linea sola… e così abbiamo fatto. Da un punto di vista concettuale è come avere una sola linea che produce sia auto elettriche sia endotermiche. Questo significa essere bravi a gestire le complessità e quindi essere competitivi”. Sul finire del dibattito, tutti gli intervenuti hanno messo in grande evidenza la necessità di costituire, di- ciamo così, delle filiere di competenze, affiatate e vir- tuose con la necessità però di avere tutte le aziende partner allineate su di un livello condiviso, il più alto possibile, di digitalizzazione, pena l’impossibilità di costituire realtà davvero performanti.

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