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progettare 439 GIUGNO / LUGLIO 2021 25 grandi italiane analizzate dall’Osser- vatorio ha implementato soluzioni di IA; e non basta: le realtà che hanno in corso progetti pienamente ope- rativi, sono nettamente aumentate, passando dal 20% del 2019 all’attuale 40%. “Registriamo un avanzamento di tali iniziative - spiega Piva -specie per aziende che già l’anno scorso hanno implementato soluzioni di questo tipo: quest’anno sono riuscite a sviluppare in modo incrementale e portare a regime nuove iniziative”. Anche il sentiment è positivo: Il 91% del campione, infatti, giudica po- sitivamente le iniziative di IA, con risultati sopra (45%) o in linea (46%) con le aspettative, mentre solo il 9% sperava in risultati migliori. Naturalmente, si registrano ancora margini di miglioramento, special- mente per quanto attiene alla logica con cui vengono sviluppate le inizia- tive di Artificial intelligence, basata essenzialmente sulla disponibilità dei dati da utilizzare. Le aziende sono quindi ancora legate a un’imposta- zione meramente tecnologica, più che a una vera visione trasversale delle potenzialità della IA. Criticità da risolvere Ma emergono differenze notevoli fra le grandi imprese, dove queste iniziative sono presenti nel 61% dei casi, e le medie aziende, che appa- iono ancora poco mature e hanno progetti attivi solo nel 21% dei casi. Tra le criticità apparse di recente, soprattutto in ambito PMI, si lamen- tano: lo scarso impegno del top ma- nagement (34%), la limitata cultura digitale aziendale (26%) e la difficoltà a definire come applicare l’IA all’in- terno del business (26%). A questo proposito, Luca Campore- se managing partner di Var Group, commenta: “Esiste e preoccupa la forchetta tra utilizzo dell’IA nelle pic- cole- medie imprese e quello nelle grandi aziende. Nelle piccole trovia- mo obiezioni ricorrenti sull’adozione delle nuove tecnologie. La principale riguarda l’associazione dell’Artificial Intelligence a costi elevati e a lunghi tempi di implementazione”. Questo è il primo ostacolo da superare. Il secondo riguarda la figura ‘mitolo- gica’ del data scientist visto dagli imprenditori come introvabile o trop- po costoso”. Un atteggiamento sicu- ramente penalizzante, un approccio che andrebbe modificato. La situazione pandemica ha innesca- to una criticità nuova: che si è andata configurando come un problema im- possibile da ignorare. L’eccezionalità del momento che stiamo vivendo, infatti, ha invalidato qualunque dato pregresso, privandoci di ogni serie storica valida fino a poco tempo fa. “Ci siamo trovati - spiega Piva - senza serie storiche con cui interpretare il presente. Per questo, molti executive sono stati sollecitati a dare risposte IA ed etica Ma qual è l’impatto sociale dell’IA sul fronte etico e lavorativo? “Da un’analisi condotta dall’Osservatorio su 94 casi reali di problematiche etiche legate all’uso della tecnologia IA - spiega Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence - le implicazioni etiche possono insorgere sia in fase progettuale (design related) che durante la loro applicazione (application related)”. Nel caso delle design related, le criticità più frequenti riguardano potenziali distorsioni nella fase di progettazione della soluzione AI (Bias, 23%), e violazioni della privacy (11%). Nella fase applicativa, invece si incorre di frequente in attentati alle libertà personali (Freedom, 19%), e all’accentramento di risorse finanziare/tecnologiche o culturali da parte delle Big tech (Trust, 17%). “Sul fronte occupazionale, infine, si è acceso un alert, teso a monitorare quali classi di soluzi- oni di IA siano da trattare come sorvegliati speciali in termini di impatto sul lavoro. Sotto la lente, in particolare, viene posta la categoria degli autonomous robot (per cui è previsto un impatto del 9,1%). Quanto ai settori professionali, che vale la pena monitorare per individuare eventuali problemi lavorativi, compaiono quelli della manifattura, dell’agricoltura e del retail.”

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