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progettare 436 MARZO 2021 29 AI che sta dietro al robot, l’altra sta nell’intelligenza fisica insita nelle parti stesse che lo compongono. Serve allora anche un nuovo para- digma nella AI, che faccia passare dall’esperienza dell’interazione, che ha costi troppo elevati, all’intelli- genza dell’interazione, facendo leva sulla cooperazione con l’uomo”. Automazione collaborativa La presenza dell’uomo nello spazio operato dal robot trasforma anche per Zanchettin il tradizionale schema di automazione industriale. Que- sta prevede una serie di segnali che provengono dal campo, che arrivano in un dispositivo a logica programmabile, il PLC. Questa lo- gica va poi a impartire dei comandi alla parte fisica dell’impianto. “Se nello schema inseriamo un cobot, e quindi tendenzialmente anche un operatore, questo consente di poter fare qualcosa in più, nel senso di una nuova automazione collaborativa - spiega il ricercatore -. L’uomo è l’ele- mento aggiuntivo nell’automazione intelligente, con il quale in qualche modo il robot deve coordinarsi. Ecco che l’utilizzo della AI può favorire questa collaborazione, che non deve limitarsi alla mera condivisione de- gli spazi di lavoro”. L’aggiunta di una intelligenza semantica che riesce a capire quello che sta succedendo consente al cobot di accorgersi non solo della presenza di una persona, ma anche se per esempio questa sta utilizzando utensili. Queste in- formazioni possono essere date in pasto alla AI, grazie a modelli e digital twin, facendo da filtro tra ciò che accade nella realtà fisica e il mondo digitale del PLC. “Questo tipo di automazione coadiuvata da elementi di AI è ciò che stiamo por- tando avanti nel nostro laboratorio - dice quindi Zanchettin -, dove il cobot, conoscendo la presenza della persona, si rende complementare alle sue operazioni”. Le frontiere dell’Umanesimo digitale Diverse sfide sorgono infine a fronte dell’odierna corsa tecnologica. “Le nuove tecnologie accelerano sem- pre più, ma è difficile che i nuovi ritrovati arrivino velocemente nelle piccole e medie imprese - afferma Zanchettin -. Cruciale è allora il nodo rappresentato da spin off e centri di trasferimento tecnologico, essen- ziali per assicurare il collegamento tra chi sviluppa la tecnologia e chi poi la dovrà utilizzare”. Altro punto caldo è la standardizzazione, come sottolinea Bicchi: “La regolamenta- zione è fondamentale per rendere applicabili i nuovi strumenti. Nessu- na azienda può infatti implementare una nuova applicazione cobotica senza uno standard alle spalle che le permetta di dimostrare che tutto sia stato fatto in buona norma. La normativa è in evoluzione, gli ultimi standard risalgono al 2016, ma non sono sufficienti a stare al passo con tutte le tecnologiche sopraggiun- te nel frattempo”. Infine, Siciliano nota come gli spunti di riflessione più interessanti nel campo della ro- botica giungano oggi dall’incontro con l’etica, il diritto e la sociologia, nel nuovo dominio della roboeti- ca. Serve ora che questa approdi anche nella didattica, con corsi di studio strutturati (come già accade ad esempio alla Federico II con il corso Mente e macchine), in quanto futuri ingegneri e progettisti dell’au- tomazione non potranno non porsi le questioni che scaturiscono dalla sempre più pervasiva interazione tra uomo e robot. “C’è una forte contaminazione in questo momento di antropizzazione dei robot, ovvero del loro crescente utilizzo in ambien- ti coabitati dalle persone - conclude Siciliano -. La robotica rappresen- terà da questo punto di vista una grossa opportunità verso un nuovo umanesimo tecnologico e digitale, poiché rende la vita dell’uomo più semplice e agevole, offrendo più tempo e occasioni per esprimere la nostra creatività. Chiudendo così il loop tra intelligenza artificiale e intelligenza naturale”. @marcocyn

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