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36 progettare 434 NOVEMBRE / DICEMBRE 2020 AI hanno decenni di storia alle spalle, e vengono già applicate nell’ambito dell’industria con successo. Ad e- sempio, i sistemi di agenti autonomi, piccole entità software che si coordi- nano tra loro negoziando e facendo emergere un comportamento di siste- ma: essi sono sistemi che denotano una certa intelligenza, senza essere esplicitamente governati. Anche la computer vision per applicazioni di analisi di qualità è storicamente diffu- sa, ma essa si basa su algoritmi molto diversi da quelli che rappresentano la frontiera attuale. “Quello che oggi chiamiamoAI appartiene a una nuova frontiera di algoritmi e metodologie, alcuni in fase di sviluppo, e pertanto portano con sé un elevato livello di in- novatività, assieme ai rischi connatu- rati all’innovazione; il vero problema è come addestrare gli algoritmi per ottenere risultati consistentemente buoni - spiega Miragliotta -. Parliamo infatti di algoritmi con capacità di apprendimento, abilitate da meto- di di machine learning, ad esempio metodi bayesiani e reti neurali, che per funzionare si nutrono di grandi quantità di dati”. Caratteristica discri- minante di questa seconda famiglia di applicazioni è il fatto che mostrano capacità decisionali di natura indut- tiva, che crescono nell’interazione con l’esperienza del fenomeno, che sia l’interazione con l’uomo o una misura fornita. Vi sono poi molte idee di applicazione, di cui si legge e che l’Osservatorio va a studiare sul campo, che sono ancora nelle prime fasi dello stato di sviluppo, e che ri- chiedono ancora molto lavoro perché possano trasformarsi in qualcosa di concreto, ma che per l’enfasi posta alla fase comunicativa potrebbero fuorviare un lettore inesperto a crede- re che taluni risultati siano facilmente raggiungibili, da qualsiasi impresa e da qualsiasi stato di partenza. Dati, metodi e cultura aziendale Che tipo di lavoro richiede, allora, la realizzazione di un progetto diAI, inte- so nel senso più proprio del termine? L’Osservatorio del PoliMi individua a tal riguardo cinque aree di intervento che richiedono un approccio equa- mente bilanciato da parte delle azien- de. La prima è quella del patrimonio informativo, dunque dei dati, che deve essere ampio e completo, suf- ficientemente profondo dal punto di vista temporale e persistente in senso longitudinale, e soprattutto di qualità. Requisito base, in quanto i metodi di apprendimento si nutrono di dati, e senza di questi è inutile iniziare pro- getti di AI. La seconda dimensione concerne i metodi e gli algoritmi di AI, la cui conoscenza per la corretta modellazione è essenziale; oltre alle conoscenze scientifiche, è necessaria anche una conoscenza pratica degli strumenti, in quanto ad esempio l’u- tilizzo dei servizi cognitivi in cloud di un certo operatore, che si appoggia ad algoritmi di una certa famiglia, può condizionare le prestazioni. La scelta delle metodologie corrette si collega anche alla disponibilità di risorse, sia perché l’accesso alle librerie può essere oneroso sia perché il corretto sviluppo di un algoritmo può richie- dere un cluster di calcolo dedicato, se comporta calcoli particolarmente complessi. La terza area, dunque, riguarda le competenze necessarie INCHIESTA
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