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44 p rogett a re 432 SETTEMBRE 2020 infatti, corrisponde al dipendente solo ed esclusivamente un indennizzo, ma non l’ammontare totale del ri- sarcimento del danno che sarebbe dovuta al dipendente in caso di illecito civile. Ai casi di responsabilità civile può affiancarsi, in ipotesi più gravi, la responsabilità penale del datore in caso di lesioni personali colpose”, afferma l’avvocato. Il Covid-19 è indennizzabile Ciò che si è potuto osservare con l’arrivo della pandemia da Covid-19, sono le differenze di comportamento lavorativo da entrambe le parti in causa: ha preso sempre più piede lo smart working, per esempio e, sicuramente, gli obblighi previsti dal nuovo Protocollo Condiviso del 24 aprile 2020 e i conseguenti oneri di informazione, formazione, vigilanza e misure di sicurezza, per entrambe le parti. A ciò si aggiungono le normali disposizioni previste dal codice civile e dal decreto legislativo 81/2008. Entrando meglio nelle pieghe delle ultime disposizioni Inail e della rela- zione tra il virus e i rapporti di lavoro, vi sono due circolari. La numero 13 ha qualificato l’infezione da Covid-19 come infortunio sul lavoro e, come ta- le, indennizzabile da parte dell’Istituto. La numero 22, invece, ha specificato i principi discussi sinoaquestomomen- to. In estrema sintesi, è stato chiarito che la corresponsione dell’indennizzo a seguito di infortunio da Covid-19 ha criteri e requisiti ben diversi da quelli previsti per l’accertamento della responsabilità del datore di lavoro in sede penale e civile, specificando la necessità della sussistenza del doppio nesso di causalità sopra richiamato. Ha chiarito altresì che la responsabilità del datore di lavoro“è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche che, nel caso dell’emergenza epidemologica da Co- vid-19, si possono rinvenire nei proto- colli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del Decreto Legge 16 maggio 2020, n. 33. Conseguentemente, in assenza di una comprovata violazione da parte del datore di lavoro delle misure di sicurezza di cui sopra rimane piuttosto arduo ipotizzare edimostrare colpadel datore di lavoro in caso di contagio di un dipendente” spiega Giordani. Presunzione di contagio Entrando meglio nel dettaglio delle responsabilità, ci si chiede se ci po- trebbero essere differenze a secon- INCHIE S TA da del tipo di impresa che fa capo al datore di lavoro. Giordani spiega che il regime di responsabilità non cambia nei suoi tratti essenziali, ma per taluni settori e categorie profes- sionali, considerate a elevato rischio di contagio, l’Inail ha introdotto una presunzione semplice di contagio: ciò comporta che, nel caso in cui il dipendente che abbia contratto il virus svolga attività in un settore pro- fessionale a rischio, si presume che il contagio sia avvenuto sul luogo di lavoro in ragione delle sue particolari caratteristiche. Conseguentemente, non sarà più il dipendente a dover dimostrare di aver contratto il virus sul posto di lavoro in conseguenza della mancata osservanza della nor- mativa sulla sicurezza, ma il datore di lavoro a dover dare adeguata prova, in sede di giudizio, di essersi attenuto scrupolosamente alle previsioni in materia e di aver fatto tutto il possibile per scongiurare il contagio. A mero scopo esemplificativo, appartengono alle categorie professionali a rischio gli operatori sanitari, gli operatori di front office, i cassieri, gli addetti alle vendite, i banconisti e così via”, conclude Giordani. @stefano_belviol

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