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32 p rogett a re 432 SETTEMBRE 2020 soltanto fonte di conoscenza tecni- ca, anzi in questo momento le a- ziende sono ancora più sensibili alla capacità del giovane di portare delle competenze di tipo trasversale e diventare il pivot dell’innovazione”. La cultura dell’errore Quali sono le peculiarità che le azien- de cercano oggi nei giovani? Secon- do Pavesi, “sono due le competenze trasversali che le aziende cercano di recepire: problem solving creativo, ossia la capacità di vedere le cose in un modo completamente diver- so rispetto ai modelli che in azien- da sono consolidati e la capacità di imparare a imparare. Mi spiego. Le aziende non si aspettano che i ra- gazzi arrivino pronti in azienda. Un tempo, la scuola doveva dare tutte le competenze necessarie al fine di poterle applicare immediatamente sul posto di lavoro. Oggi, le azien- de sono consapevoli che il mondo sta cambiando talmente velocemen- te che sarebbe assurdo pensare di poter trasferire tutte le competenze dalla scuola e avere ragazzi già pronti per affrontare il mondo del lavoro, anzi è la collaborazione tra scuola e azienda che può accompagnare i giovani in questo processo. L’azienda, successivamente, deve dare fiducia ai giovani affinché possano provare, sperimentare e anche sbagliare. Le aziende si sono accorte che con un livello di innovazione elevata, come quella dei nostri giorni, è quasi do- veroso tentare e sbagliare. Si tratta della cultura dell’errore che il giovane non impara in azienda, ma a scuola e nella vita di tutti i giorni. Sono queste le competenze trasversali su cui le aziende stanno puntando ed è per questo che la collaborazione tra la scuola e l’impresa deve essere sempre più forte”. Bonotti è d’accordo con Pavesi e parla di competenze, che vanno sotto il nome di soft skill, che trattano il comportamento in azienda, il rispetto degli orari e dei ruoli. “Noi abbiamo questa responsabilità e ai giovani dobbiamo fornire le basi tecnico- professionali per affrontare il mondo del lavoro ma deve essere una trian- golazione scuola-studente-imprese”. Inoltre, Bonotti conferma che “le imprese vengono da noi per cercare dei giovani il cui talento è avere delle buone caratteristiche di personalità, di relazione, di comportamento, su cui poi trasferire le conoscenze e le competenze per essere un talento anche in azienda”, dice Bonotti. Fondazione Clerici, ricorda Bonotti, non ha perso di vista anche le esigen- ze delle aziende di fare formazione al proprio interno. “La formazione a distanza nel periodo di lockdown ha rappresentato anche per le imprese uno stimolo e una certezza in una fase di grande incertezza. Abbiamo lavorato sulla formazione dei lavo- ratori, spiegandogli, per esempio, i nuovi assetti dalla riorganizzazione aziendale a una nuova modalità di produzione”, sottolinea Bonotti. Dopo il lockdown, l’emergenza ordini È sotto gli occhi di tutti il fatto che le aziende hanno dovuto affrontare un momento di riadattamento alla realtà, specie come quella berga- masca in cui il Covid-19 ha colpito pesantemente. Si sono dovuti rico- struire modelli formativi che hanno avuto anche la capacità di infondere fiducia sia alle aziende sia ai lavora- tori che hanno potuto mantenere un legame, seppure da casa loro, con il INCHIE S TA

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