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progettare 431 GIUGNO / LUGLIO 2020 45 ben lontano dal suo vero ruolo”. E ha continuato: “Ma è giusto fare anche autocritica su una disciplina che si relega da sé in questa parte, inter- pretandone solo gli aspetti glamour, confondendo la comunicazione con la strategia. Ci sono esempi straordi- nari di collaborazioni strategiche che hanno determinato il successo di aziende. Da questi dobbiamo partire per costruire nuove alleanze, supe- rando protagonismi e diffidenze, perché il progetto di design Made in Italy è quanto di meno gerarchico e schematico ci possa essere”. Quale suggerimento ritiene di poter dare alle nuove e potenziali generazio- ni di giovani designer nell’ambito della loro professione? “Credo che i giovani abbiano molto da insegnar- mi e forse i miei consigli rischiano di distoglierli dalle indispensabili esperienze legate alla ‘loro’ con- temporaneità. Mi limito quindi a due pillole di saggezza, ricevute tanti anni fa da due vecchi amici che ancora oggi ringrazio: ‘Non e- siste futuro senza sperimentazione quotidiana del proprio futuro’; ‘Le idee camminano con le gambe degli uomini’. Coraggio e responsabilità: due capisaldi non tanto per fare design, ma per essere uomini”. Il ruolo del designer “Gli orientali spesso si esprimono attraverso metafore o favole - dice Galimberti -. Anch’io amomoltissimo leggere favole e poesie, proprio per- ché ritengo che i loro messaggi siano più forti, comprensibili e con chiavi di lettura molteplici. Userò quindi una di queste metafore: l’industria è come un’ostrica, di per sé un alimen- l’accesso ai beni a fasce di uten- za che altrimenti non potrebbero permetterselo. Superati i bisogni primari la faccenda certamente si complica, ma il design resta di im- portanza fondamentale in termini di indirizzo per uno sviluppo sostenibi- le e responsabile”. Il costo di un og- getto bello è necessariamente mag- giore rispetto a un prodotto di serie? “Credo che un prodotto standard possa e debba anche essere bello. Da sinistra Luciano Galimberti, presidente ADI, Giuseppe Sala e Attilio Fontana, rispettivamente sindaco di Milano e presidente della Regione Lombardia. Non vorrei addentrarmi nel concetto di bello, terreno sdrucciolevole, ma su quello di buono, decisamente più circoscrivibile e condivisibile. Il costo di un oggetto va ricondotto alla sua promessa di qualità: un orologio di plastica evidentemen- te costerà meno di uno d’oro, ma ambedue devono darci l’ora esatta. All’interno della scelta di qualità, che spetta liberamente a ognuno, sono assolutamente certo che l’oggetto realizzato secondo un processo di design costerà meno. Questo nel nostro sistema non sempre coincide con un minor costo al pubblico, ma questo è un problema che riguarda la libertà e la democrazia”. Industria e forme È importante conoscere come l’in- dustria e il Made in Italy dovrebbero contemplare nella propria organiz- zazione un reparto dedicato al de- sign come ruolo strategico per il successo di un prodotto. Vediamo l’opinione di Galimberti: “Il design è una disciplina ben ‘digerita’ dall’in- dustria: non conosco industria che non abbia una struttura di proget- tazione. Purtroppo, come spesso accade nelle organizzazioni, si tende all’autoreferenzialità e l’apporto dei designer è richiesto a posteriori: una sorta di ammennicolo di marketing,

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