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28 progettare 425 OTTOBRE 2019 INCHIESTA le principali ragioni di questa debo- lezza strutturale viene posta da un lato l’elevata incidenza del cosidetto ‘highly skilled exchange rate’, ossia il valore associato al rapporto tra i flussi in uscita e i flussi in entrata di persone in possesso di istruzione terziaria, e dall’altro lato incidono il basso volume di investimenti in R&D da parte del settore privato e quindi del numero dei ricercatori occupati in azienda. Il fenomeno della mobilità del capitale umano fuori dai confini nazionali nel 2016 registrava un tasso negativo, indicando una perdita netta di laureati italiani (-4,5 per 1.000), proseguendo il trend che ha caratterizzato gli ultimi anni (-2,4 per 1.000 nel 2012 e -4,2 per 1.000 nel 2015). Nel 2016 circa 16.000 giovani laureati hanno lasciato il no- stro Paese e poco più di 5.000 sono rimpatriati. Non ci sono, però, dati che mettano in relazione la mobilità dei giovani laureati con la destinazione occupazionale. Secondo lo ‘Annual Report on Intra-EU Labour Mobility’ stilato dalla Commissione Europea, Germania, Regno Unito, Svizzera e Spagna sembrano essere le destina- zioni occupazionali più frequentate dai laureati italiani. In relazione ai fattori di spinta e attrazione che interessano i fenomenimigratori legati al segmento alto del mercato del lavoro, diversi studi hanno rilevato più fattori, inter- relati tra di loro, legati, per un verso, a scelte di natura personale intrecciate all’aspettativa di accrescere la qualità della propria vita; per altro verso, alla qualità dei contesti socio-economici di provenienza e di destinazione. Secondo una elaborazione fatta da Adapt su dati Eurostat in merito al numero totale di ricercatori in alcuni Paesi e in percentuale per settore di impiego, in Italia vi è un panorama immobile che non ha conosciuto sen- sibili cambiamenti negli ultimi dieci anni sia con riferimento al numero dei ricercatori sia con riferimento alla distribuzione del personale tra il set- tore pubblico e privato. I più recenti dati Istat mostrano come spesso il dottorato in un ateneo italiano rap- presenti solo una tappa di passaggio: limitatamente all’insieme di dottori 2012 e 2014 che erano in Italia prima di iniziare l’università, la quota di coloro che vivono abitualmente all’estero nel 2018 si attesta al 12,5% (era 11,8% nella precedente indagine). Se proiet- tiamo questi dati entro i nuovi scenari

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