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COMPONENTS MAGNETIC SENSORS di identificare le particelle presenti sulle superfici. Per in- dividuare oggetti all’interno di un prodotto è necessario effettuare l’ispezione tramite ultrasuoni, sebbene il livello di risoluzione che è possibile ottenere, dell’ordine dei mil- limetri, non è sufficiente per rilevare particelle molto fini. L’effetto MOKE (Magneto-Optical Kerr Effect) si veri- fica quando una luce polarizzata incontra un materiale magnetico. Le sonde di ispezione che sfruttano l’effetto MOKE possono esaminare solamente la superficie di un prodotto. Esse sono inoltre caratterizzate da un campo visivo ristretto, per cui eventuale materiale estraneo po- trebbe non essere rilevato nel caso in cui la superficie pre- senti delle irregolarità. I dispositivi di ispezione quali i microscopi a forza atomi- ca (AFM – Atomic Force Microscope) e a forza magnetica (MFM – Magnetic Force Microscope) sono caratterizzati da un’elevata risoluzione spaziale, che va dalle decine alle centinaia di nanometri. In ogni caso l’intervallo di scan- sione è limitato e la sensibilità del sensore è ridotta, per cui non risultano adatti per eseguire ispezioni su una li- nea di produzione, ma per l’utilizzo negli ambienti della ricerca. Al giorno d’oggi, la tecnologia a raggi X è frequentemente utilizzata per individuare oggetti estranei di piccole di- mensioni (Fig. 2). Il prodotto viene esposto ai raggi X sulla linea di produzione e un sensore di linea rileva qualsia- si anomalia, sia sulla superficie del prodotto sia interna- mente, in base alla quantità di raggi X trasmessi. Il prin- cipale vantaggio legato all’uso di apparecchiature a raggi X è rappresentato dal fatto che sono in grado di rilevare in tempi rapidi materiali metallici e non, come vetro, gom- ma e plastica. Tuttavia, la loro sensibilità nel caso di rile- vamento di oggetti metallici è limitata a pochi decimi di millimetro, insufficiente in presenza di frammenti molto sottili e polvere. Una metodologia standard impiegata per individuare con- taminanti metallici su una linea di produzione prevede il ricorso a un magnete di forte intensità in grado di magne- tizzarli, come riportato in figura 3. I sensori in grado di ri- levare i metalli “captano” quindi il magnetismo rilasciato dalle particelle. Anche se sul mercato sono disponibili ri- levatori di particelle metalliche sotto forma solitamente di sensori magnetici, la loro sensibilità di rilevamento non è sufficiente per individuare polveri metalliche. I senso- ri SQUID (Superconducting Quantum Interference Devi- ce) sono caratterizzati da una sensibilità estremamente elevata. Tuttavia, per mantenere la condizione di super- conduttività all’interno del sensore, richiedono il raffred- damento mediante elio liquido, che contribuisce ad au- mentare le dimensioni delle apparecchiature, rendendole inidonee all’uso sulle linee di produzione. Per superare queste limitazioni, TDK ha sviluppato un sensore magnetico di piccole dimensioni in grado di rile- vare particelle inferiori a 0,1 mm. Il sensore Migne xMR è basato sui sensori magnetici della linea Nivio della prece- dente generazione e sfrutta le competenze acquisite dal- la società nella produzione di testine per HDD (Hard Disk Drive). Di dimensioni pari a soli 8x8x5 mm, questo sensore è così piccolo e sottile da poter essere tenuto sulla punta di un dito e, rispetto ai prodotti della serie Nivio, si distingue per un rapporto segnale/rumore (SNR) migliore nei campi micromagnetici (Fig. 4). Fig. 2 – Le apparecchiature di ispezione a raggi X possono rilevare sia materiali magnetici sia materiali non magnetici Fig. 4 – Il sensore Migne xMR di TDK è così sottile da poter stare sulla punta di un dito Fig. 3 – Modalità di rilevamento dei frammenti metallici su una linea di produzione ELETTRONICA OGGI 511 - GIUGNO/LUGLIO 2023 56

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