Le imprese che investono in ricerca, innovazione, design o green non sono solo obbligate a restare aggiornate da un punto di vista tecnologico, ma anche da quello normativo e fiscale. Gli inventivi che lo Stato nel corso degli anni ha messo a disposizione cambiano spesso nome e anche modalità applicative.
Per esempio il bonus 4.0. Ovvero il credito d’imposta derivante dal Piano Nazionale Transizione 4.0, per effetto delle novità introdotte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, adesso prende a riferimento gli investimenti nel biennio 2021-2022. Non più quindi solo l’arco temporale di un anno.
Le imprese hanno quindi più tempo per valutare quando effettuare le spese volte a incrementarne la competitività. È stata inoltre aumentata la platea di beneficiari che possono usufruire dell’incentivo, le tipologie di investimenti immateriali agevolabili e il tetto massimo di investimenti incentivabili.
La misura del credito d’imposta 4.0 può contare su uno stanziamento di 14 miliardi di euro, e che nelle intenzioni dovrebbe diventare strutturale, quindi non una misura una-tantum. Tre i campi di applicazione principali: beni capitali, ricerca, sviluppo e innovazione; attività di formazione alla digitalizzazione e di sviluppo delle relative competenze.
Per beni capitali si intendono i beni materiali e immateriali direttamente connessi alla trasformazione digitale dei processi produttivi (cosiddetti ‘beni 4.0’ indicati negli Allegati A e B annessi alla legge 232/2016), nonché i beni immateriali di natura diversa, ma strumentali all’attività dell’impresa.
I nuovi crediti d’imposta sono generalmente previsti per 2 anni, salvo alcune situazioni particolari e la decorrenza della misura è anticipata al 16 novembre 2020. Potranno inoltre essere agevolabili i contratti di acquisto dei beni strumentali definiti entro il 31/12/2022.